Miglioramento della dieta dei ruminanti
La fermentazione enterica negli erbivori, in particolare nei ruminanti (bovini, bufalini, ovini e caprini) produce un certo quantitativo di metano come sottoprodotto, in funzione di diversi fattori tra cui anche la qualità e quantità di mangime consumato. Correlata al tenore proteico della dieta, è anche l’escrezione di azoto nelle feci e nelle urine, che è in grado di generare emissioni dirette e indirette di protossido di azoto. Questa attività prevede una modifica nella dieta, in particolare per bovini da latte, bovini da carne e bufalini, con l’obiettivo di ridurre le emissioni climalteranti.
Potenzialità dell’attività. Il modello permette la personalizzazione nella quantificazione dell’obiettivo di mitigazione anche per variazioni piccole di concentrato (es. +1%). Tuttavia, a titolo di esempio, si riporta l’effetto che si otterrebbe con un incremento pari a +5% della quota di concentrati di una razione per vacche frisone da latte che passa dal 40 al 45% che comporterebbe una riduzione delle emissioni in CO2 eq di ca. il 3,5%.
Le emissioni generate dalla fermentazione enterica (in tonnellate di CO2 eq) sono risultate pari a:
Gestione sostenibile delle deiezioni
La decomposizione delle deiezioni zootecniche, sia solide che liquide, avviene sia durante la fase di stoccaggio che in quella di trattamento, e può avvenire sia in ambiente aperto (vasche scoperte) che in ambiente chiuso (vasche coperte), generando di volta in volta un quantitativo diverso di metano e protossido di azoto. Applicando sistemi ottimizzati di gestione delle deiezioni si può avere una riduzione delle emissioni in atmosfera.
Potenzialità dell’attività. Il modello di calcolo permette di personalizzare la quantificazione dell’obiettivo di mitigazione in riferimento ad un livello emissivo BAU. Il potenziale di mitigazione è stimato in funzione della possibilità di adottare tre principali tecniche di gestione alternative e non cumulative, quali:
digestione anaerobica: 60% riduzione emissiva rispetto al BAU; separazione solido liquido: 33% riduzione emissiva rispetto al BAU; areazione del liquame: 49% riduzione emissiva rispetto al BAU.
Le emissioni generate dalla attuale gestione delle deiezioni (in tonnellate di CO2 eq) sono risultate pari a:
Riduzione zero tillage / minimum tillage
La gestione sostenibile del suolo è una pratica finalizzata a mantenere la fertilità chimico-fisica e microbiologica del terreno e a contenere i fenomeni di erosione superficiale. L’adozione di pratiche conservative di gestione del suolo consente un aumento della sostanza organica e dello stock di carbonio organico nel suolo (SOC), sostiene la produzione e la crescita delle colture, migliora la qualità dei prodotti, aumenta l’efficienza di uso dell’acqua, recupera suoli degradati e promuove la salute degli ecosistemi.
Tra le pratiche sostenibili di gestione del suolo, con particolare riferimento alla riduzione delle lavorazioni, si propongono le seguenti attività:
lavorazione minima del terreno “minimum tillage ”: tra la fase di raccolta di una coltura e la semina della successiva, il suolo non viene disturbato e una parte sostanziale (almeno il 30%) di esso rimane coperta dai residui della precedente coltura. Si procede poi con una semplice lavorazione superficiale solo sulla fila lasciando intatta l’interfila. non lavorazione o semina diretta su sodo “zero tillage ” (no tillage , o direct seeding ): il suolo non viene mai lavorato.
Potenzialità dell’attività. La pratica della riduzione del disturbo dei suoli agricoli genera un incremento del SOC che oscilla in media da 0,55 a 1,10 tonnellate di CO2 /ha/anno nel caso del minimum tillage, con un valore medio pari a 0,82 tonnellate di CO2 /ha/anno; e da 1,10 a 1,47 tonnellate di CO2 /ha/anno nel caso di zero tillage, con un valore medio pari a 1,28 tonnellate di CO2 /ha/anno.
Indica il tipo di tillage e gli ettari coltivati
Tipo di tillage
--Seleziona--
Minimum tillage
Zero tillage
Ettari
Mantenimento della copertura erbosa nelle colture permanenti
La pratica dell’inerbimento nelle colture permanenti rappresenta un’azione applicabile ai fini di una gestione ottimale del suolo. L’inerbimento può essere considerato come un vero e proprio prato che copre il terreno su cui insistono colture arboree, in cui tutta la biomassa aerea viene periodicamente sfalciata e lasciata sul suolo. Oltre a notevoli vantaggi ecologici (es. ridurre l’erosione superficiale, migliorare la struttura del suolo, favorire l’assorbimento dell’acqua, aumentare la porosità del suolo e la portanza del terreno, ecc.), l’inerbimento permette di mantenere ed incrementare il livello della sostanza organica nei suoli e comporta l’aumento dello stock di SOC influenzando positivamente il bilancio del carbonio.
Potenzialità dell’attività. La pratica dell’inerbimento delle colture permanenti genera un incremento del SOC che oscilla in media da 1,17 a 2,20 tonnellate di CO2 /ha/anno, con un valore medio pari a 1,68 tonnellate di CO2 /ha/anno.
Indica gli ettari coltivati
Ettari
Nuovi impianti di frutticoltura
La conversione dei terreni soggetti a colture annuali, quali seminativi o pascoli, verso terreni con colture arboree perenni, quali ad esempio i frutteti, genera un incremento di carbonio nei pool della biomassa e del suolo. In generale, tale accumulo di carbonio avviene fino a che gli alberi raggiungono la maturità e il suolo raggiunge uno stato di equilibrio. L’attività consiste nella realizzazione di un nuovo impianto di frutticoltura su terreni abbandonati, non utilizzati o precedentemente utilizzati come seminativi o pascolo. Ciò consentirebbe un aumento degli stock di carbonio nei pool della biomassa epigea e ipogea e del suolo, con conseguente aumento dell’assorbimento di CO2 dall’atmosfera, rispetto al BAU.
Realizzazione di rimboschimenti
La realizzazione di un rimboschimento o di un imboschimento su terreni abbandonati, o non utilizzati, genera un incremento di carbonio nei pool della biomassa e del suolo. In generale, tale accumulo di carbonio avviene fino a che gli alberi raggiungono la maturità e il suolo raggiunge un equilibrio dinamico tra gli input di carbonio (lettiera e rizodeposizione) e output (mineralizzazione della sostanza organica e lisciviazione). L’attività consiste nella realizzazione di un impianto forestale da gestire nelle forme di governo a ceduo o a fustaia, a seconda dell’attitudine della specie e della vocazionalità del luogo. Ciò consentirebbe un aumento degli stock di carbonio nei pool biomassa (epigea ed ipogea), necromassa (lettiera e legno morto) e suolo, con conseguente aumento dell’assorbimento di CO2 dall’atmosfera.
Potenzialità dell’attività. La realizzazione di un rimboschimento su un terreno privo di copertura vegetale legnosa genera un incremento nell’assorbimento di CO2 che oscilla in media da 5,4 tonnellate di CO2 /ha/anno per i cedui a 6,1 tonnellate di CO2 /ha/anno per le fustaie, se si considerano entrambi i pool biomassa e suolo.
Indica la specie, la forma di governo e gli ettari
Abete rosso
Ceduo
Fustaia
Abete bianco
Ceduo
Fustaia
Pino silvestre
Ceduo
Fustaia
Pino nero - larico
Ceduo
Fustaia
Pini meditteranei
Ceduo
Fustaia
Altre conifere
Ceduo
Fustaia
Faggete
Ceduo
Fustaia
Rovere - roverella - farnia
Ceduo
Fustaia
Cerrete
Ceduo
Fustaia
Castagneti
Ceduo
Fustaia
Ostrieti - carpineti
Ceduo
Fustaia
Boschi igrofili
Ceduo
Fustaia
Altri boschi caducifogli
Ceduo
Fustaia
Leccete
Ceduo
Fustaia
Gestione dei residui agricoli delle colture arboree per fini energetici
Generalmente i residui legnosi che derivano dalle operazioni di potatura nella gestione annuale delle colture arboree perenni vengono allontanati dal campo e bruciati o direttamente bruciati in loco. Tale operazione comporta dunque una perdita netta di carbonio dal sistema agricolo e un’emissione di gas climalteranti a seguito del processo di combustione. Tuttavia, si possono attuare delle azioni per un utilizzo più sostenibile delle biomasse derivati dalle potature rispetto al BAU, in cui i residui vengono triturati e lasciati in campo con funzione pacciamante e fertilizzante, incrementando lo stock di carbonio nel suolo, oppure utilizzati per fini energetici in sostituzione dei combustibili fossili con conseguente riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera.
Potenzialità dell’attività. La sostituzione dell’impiego di energia fossile con l’utilizzo delle biomasse derivanti dalle potature legnose delle colture arboree perenni determina una diminuzione delle emissioni che oscilla da 2,87 a 11,29 tonnellate di CO2 /ha/anno, con un valore medio pari a 4,10 tonnellate di CO2/ha/anno. Tuttavia, ai fini della garanzia di un approccio conservativo, solo la metà dei crediti generabili annualmente potrà essere utilizzata, con una quota di incremento nell’assorbimento di CO2 con un valore medio pari a 2,1 tonnellate di CO2 /ha/anno.
Indica la tipologia e gli ettari coltivati
Agrumi
Actinidia
Albicocco
Ciliegio
Melo
Olivo
Pero
Pesche, percoche, nettarine
Susino
Vite
MEDIA